E’ un periodo ancora più intenso del solito quello che stiamo attraversando qui a casa. Lo si evince dal fatto che i post pubblicati qui sul blog sono sempre più rari, ma anche dando una sbirciatina al nostro instagram o alla pagina Facebook di eco and eco. Le bimbe crescono, gli impegni aumentano, il lavoro è davvero tanto e io non so mai dire di no a niente, così finisco sempre per lasciare indietro il blog. Errore, grave. Un po’ perché per me è davvero terapeutico mettere nero su bianco i pensieri che prendono forma e fissare le immagini del nostro quotidiano. Un po’ perché quello di scrivere qui è un momento tutto per me, e dovrei forzarmi ad averne di più, per non essere troppo assorbita dalle bimbe e dal lavoro.
Comunque, eccoci qua, in attesa di pubblicare le decine di post in bozza oggi parliamo di torta di mele. Perché, direte voi? Perché ci vorrebbe più torta di mele (e abbracci, e sorrisi) per tutti! 🙂 Ma partiamo dall’inizio… e vi avviso, il post sarà davvero il più lungo (e a tratti noioso) che abbia scritto, quindi se volete proseguire lo fate a vostro rischio e pericolo. Io vi ho avvisati.
Venerdì sera, al rientro da una lunga giornata passata a giocare a tetris tra bimbe, negozio, colloqui di Siria, casa, negozio, bimbe, cena e bagno di gong (che mi sono concessa nonostante la giornata infinita, e devo dire che mi è servito tutto) scrivevo questo post su Facebook, che vi invito a leggere per i tantissimi commenti e riflessioni che ne sono seguite, ma che per comodità riporto qui:
39 anni di cui quasi 11 da madre, tre figlie, un lavoro, una laurea in matematica, una discreta conoscenza delle lingue e dell’informatica, una propensione alla secchionaggine e qualche centinaio (facciamo migliaio, va) di libri letti, di ogni genere ché è meglio essere lettori onnivori e poi tanto “libri” e minimalismo non possono stare nella stessa frase.
Tra questi, quelli in foto, altri due o tre che non ho trovato e l’ultimo di Matteo Bussola che cito non per puro caso. Letti tutti, qualcuno anche due volte (per la propensione di cui sopra), pure quelli in inglese, e non ditemi che una mamma con tre figlie, una casa e un lavoro non ha il tempo anche per leggere perché vi state raccontando una balla. Oltre che letti, però, questi libri li ho messi quasi tutti in pratica con le bimbe, meno che la parte prettamente collegata alle basi che si studiano a scuola, perché anni di esperienza con le ripetizioni mi hanno insegnato una cosa fondamentale: fai capire una cosa ad un bimbo per come gliel’hanno spiegata, se non vuoi farlo trovare in difficoltà (a scuola, non ne la vita).
In questi anni passati a leggere e a mettere in pratica quello che mi ha appassionato di questi libri e quello che conoscevo già, la regola fondamentale per le mie figlie è stata comunque e sempre una “quello che dice la maestra è legge, fate il vostro dovere a scuola e io non metterò mai bocca, poi a casa possiamo anche fare altro”. Una figlia diligente e con la suddetta propensione alla secchionaggine ereditata dalla madre l’ha sempre rispettata, l’altra ha sempre cercato di aggirarla, ma la regola è rimasta quella lì.
Oggi esco allo scoperto e confesso di aver infranto un tabù: per la prima volta in vita mia ai colloqui ho protestato per la mole di compiti eccessiva (della figlia “sfaticata”, mai che la mole di compiti eccessiva capiti alla figlia giusta), anche se avevo ripromesso a me stessa che mai e poi mai non avrei rispettato la mia regola di non mettere mai bocca. Una maestra che vedevo oggi per la prima volta mi ha risposto testualmente che se noi genitori vogliamo fare altro (sottinteso “oltre ai compiti h24”) nel fine settimana non è un problema suo, i bambini (e i genitori di conseguenza) devono organizzarsi.
Lì è dove mi è scesa qualche lacrima pensando a tutti fine settimana passati in casa aspettando che mia figlia finisse i compiti assegnati in completa autonomia e rispiegando quello che non aveva capito, perché a scuola è quella “sfaticata” (selettiva, direi, più che sfaticata, ma facciamo che è sfaticata).
Qui è dove mi interrogo sul fatto che la maestra possa anche solo immaginare che quell’altro che vorrei fare io (che è evidentemente un problema mio) è anche quello che ho letto in questi libri (oltre a viaggiare, stare all’aria aperta, oziare, andare per musei) e non banalmente uscire a prendere un gelato (comunque più che lecito) o stare tutti insieme a giocare a genitori e figli.
Non posso fare a meno di pensare che finché non sarà un problema suo rimarrà solo un problema mio e non sarà mai un problema del sistema scuola. Sistema che da un lato chiede ai bambini autonomia, rispetto, senso del dovere. Dall’altro chiede ai genitori di essere presenti ma di non sostituirsi ai figli né di interferire con le insegnanti. Dall’altro ancora chiede agli insegnanti di essere sempre avanti con i programmi, di fare mille progetti, di stare dietro alla burocrazia, di dare il meglio perché altrimenti, chissà… dovessero protestare i genitori perché i bambini fanno anche i bambini.
Dov’è che si è spezzato quell’ingranaggio che funzionava così bene? Ma soprattutto… come si aggiusta? Perché io a rinunciare al mio “altro” non sono mica tanto disposta…
Come ho scritto anche sopra siamo immersi in un periodo davvero intenso della nostra vita, dovuto sicuramente alle bimbe (e ai loro impegni) che crescono, al mio lavoro che mi impegna sempre un po’ di più, ad un nuovo percorso di vita che abbiamo già intrapreso ma di cui vi parlerò ad anno nuovo, che ha sicuramente contribuito ad impegnarci un po’ di più durante i fine settimana. Per fortuna, direi io, perché questo percorso ci ha portato a doverci liberare almeno per una mezza giornata ogni fine settimana, e mi ha fatto rendere conto della agonia che stavamo vivendo da mesi senza rendercene più di tanto conto: da tempo tutti i nostri fine settimana e buona parte delle ore infrasettimanali lbere erano dedicate all’osservazione (da lontano, ma non sempre, perché proprio l’anno scorso mi è stato caldamente suggerito di seguire di più mia figlia, non solo standole nei paraggi per incoraggiarla come avevo sempre fatto) di Siria immersa nel fare i compiti, ad arrancare dietro ad una mole di lavoro che nemmeno noi avremmo potuto svolgere nel solo fine settimana senza sbuffare. Sottolineo nel fine settimana perché, anche se le consegne sono settimanali, per me è quasi impensabile far svolgere i compiti durante la settimana, dopo otto ore di scuola e magari in mezzo alle attività extra (che hanno fortemente voluto svolgere le bimbe e le impegnano due giorni a settimana ciascuna, oltre al catechismo).
Così, come racconto nel post riportato sopra, ho preso il coraggio a quattro mani e ho deciso di infrangere un tabù: chiedere alle maestre di diminuire il carico di compiti. Dopo le osservazioni sulla “svogliatezza” di mia figlia a scuola e sul fatto che debba impegnarsi di più, quello che più mi ha lasciata a bocca aperta è stato il fatto che una maestra che non mi aveva mai visto fino a quel giorno e che non conosce nulla di me e della nostra famiglia mi ha detto chiaramente che “se noi genitori vogliamo fare altro non è un problema suo”. Alla fine della discussione, che dopo la sua affermazione si è leggermente animata perché il buon vecchio proverbio “mai fidarsi delle acque chete” è sempre valido, ma anche perché, (non citando un autore a casaccio) “le parole sono finestre, oppure muri”, sono uscita con un grande amaro in bocca, ma anche con la consapevolezza di aver aperto gli occhi su alcuni atteggiamenti di mia figlia di cui avrei dovuto parlare meglio con lei.
Sono tornata a casa, abbiamo parlato insieme delle dinamiche che l’hanno portata ad essere meno attenta e partecipativa in classe, ho cercato di capire il perché di alcune affermazioni delle insegnanti che a me avrebbero fatto dare più una risposta del tipo “avete sbagliato figlia, questa di cui state parlando non è la mia”. Abbiamo parlato quel tanto da tirare fuori il materiale per un altro colloquio, insomma, anche per stabilire insieme alcune nuove regole: come comportarsi a scuola per cercare di portarsi a casa il massimo e non perdersi, nel rispetto di tutte le regole della scuola e delle insegnanti. E come rivedere a casa i suoi (che per forza di cose diventano anche i nostri) tempi così da poterne uscire vivi, e tornare a goderci il nostro essere famiglia, il mio essere mamma, ma soprattutto il suo essere bambina, perché in tutto questo quello che mi preme è una cosa sola: “i bambini devono fare i bambini”. Un’ora e mezza di compiti al massimo (che questo week end sono già diventate due e mezza perché non si dava pace di lasciar indietro qualcosa per domani) e poi torniamo a fare il nostro “altro”. Quello che, le ho assicurato, avrebbe contenuto anche tantissime delle cose che ha imparato o imparerà a scuola. Perché mi sono resa conto che, per cercare di adeguarci a un sistema che tende ad omologarci anche nell’apprendimento, avevo rinunciato a quello che, da quando sono nate, è il metodo con cui le ho fatte crescere, imparare, incuriosire, gioire. E invece glielo devo, di portarlo avanti fino in fondo il mio “altro”, quello che mi ha portato anche a cambiare vita, lavoro, casa e chissà quanto ancora… Del resto, se nella mia tesi di laurea c’è ben impressa una frase di Benni che dice:
Se i tempi non chiedono la tua parte migliore, inventa altri tempi
un motivo ci sarà. E’ così che stamattina, in quattro (Roberto lavorava anche di domenica mattina, mai una gioia) ci abbiamo messo due ore a preparare la nostra torta di mele, perché come scrive la mia amica Grazia… “l’autoproduzione è la vera rivoluzione”… anche per motivi che spesso non immaginiamo! 🙂
Ricetta della Torta di mele scientifica ovvero Scientific apple pie
(1) Scrivere le dosi in italiano di una delle tante ricette della torta di mele che avete nel libro di ricette o che trovate sul web
(2) Lavare le mani, sgomberare il tavolino, mettere la tovaglia e preparare tutti i contenitori, gli utensili e gli ingredienti che serviranno per la preparazione della torta.
(3) Cercare la traduzione in inglese di tutti gli ingredienti (errori grammaticali e inglese maccheronico corretti a voce fra grasse risate)
(4) Tagliare in due le mele prima di passarle alla sorella maggiore
(5) Decidere che forse è il caso di far fare a lei, mentre Siria inizia a scrivere il suo diario di bordo
(6) Contare le uova contenute nel cartone, togliere le quattro che servono per la torta, constatare che la sottrazione 6-4 = 2 e riporre da sola le due uova rimaste nel contenitore in frigorifero
(7) Sbucciare e tagliare a tocchetti le mele, tenendo da parte le bucce per il compost
(8) Tenere da parte il cartone delle uova (da portare alla Pierina che ci ridà le uova delle galline, ché adesso in inverno non ci bastano mai per tutta la settimana) e anche la carta in cui era avvolto il burro, i nostri rifiuti
(9) Affettare il burro, una cosa da grandi!!!
(10) Misurare il punto di fusione del burro
(11) Pesare la farina e lo zucchero e mescolarli con la polvere lievitante
(12) Rompere un uovo e verificarne il peso (70gr) mentre Vera spazzola le mele come se non ci fosse un domani
(13) Ipotizzare il peso di 4 uova a partire dal primo appena pesato e verificare, dopo averli rotti tutti e quattro, se il peso corrisponde
(14) Mescolare l’impasto. Intanto abbiamo acceso anche il forno!
(15) Aggiungere le mele tagliate all’impasto
(16) Catalogare i rifiuti prodotti
(17) Controllare il peso lordo dell’organico
(18) Buttare l’organico nella compostiera sotto al lavandino, che andrà poi svuotata in quella del nostro orto
(19) Controllare la tara e calcolare il peso netto dell’organico
(20) Calcolare il peso complessivo dei rifiuti prodotti (per fortuna solo 6 grammi di indifferenziato!)
(21) Infornare la torta, il forno è arrivato alla temperatura di 180 gradi
(22) Calcolare il peso totale dell’impasto, applicando le proprietà: commutativa, associativa, dissociativa della addizione.
(23) Prendere appunti, nei prossimi giorni riscriveranno il procedimento e tutte le riflessioni al margine che vorranno fare su questo “esperimento”. Un diario degli esperimenti, in cui sarà vietato sbagliare i congiuntivi e i condizionali quando scriveranno le ipotesi 😀
(24) Lavare i piatti… ché la torta sarà pure scientifica, ma qualcuno dovrà pur farlo questo sporco lavoro (detto anche attività di vita pratica da qualcuna che ha sdoganato il lavoro minorile casalingo diverso tempo fa)!
(25) Calcolare le equivalenze sul peso dell’impasto (1300 grammi) ed elaborare l’ipotesi del nostro esperimento: quanto peserà la nostra torta? Ma come l’impasto, ovvio!!! O no?
(26) Sfornare la torta, osservando con attenzione la condensa che si è formata sullo sportello del forno
(27) Wow, che bell’aspetto! Ma non ce n’è una fetta anche per noi amici a quattro zampe?
(28) Concludere il nostro esperimento pesando la nostra torta cotta (1280 grammi) e trarre le nostre conclusioni: le mele contengono acqua, che evaporando in cottura ha fatto sì che la nostra torta pesasse meno dell’impasto iniziale (in realtà le mele erano anche un po’ di più del previsto, ma comunque siamo lì).
Quindi la nostra tesi finale è: una torta di mele cotta peserà meno della somma degli ingredienti che compongono l’impasto
E così il nostro esperimento è concluso! 🙂
A chi ci ha letto fin qui, grazie per la pazienza. Sono nuovamente le due di notte e temo che il prossimo post qui sul blog non arriverà così presto come avevo sperato. Ma mai dire mai. 🙂
Alla maestra che non mi aveva mai parlato fino a venerdì: questo è il mio “altro”, quello che so fare e che fa illuminare gli occhi di tutte e tre le mie figlie, e tenermelo ben stretto è un problema mio.
Grazie per avermelo ricordato.
EDIT
Questo è stato il primo di una lunga serie di esperimenti che ho ripreso in mano e documentato.
Tutti gli altri (scientifici e non) li trovate qui.
14 comments
Bellissimo!!! Questo ‘altro’ se lo terranno strettissime anche le tue bimbe, anche quando saranno grandi e sarà una fortuna potersi ricordare di questo ‘altro’ piuttosto che della noia di lezioni interminabili. Otto ore di scuola al giorno sono Guantanamo per i bambini. Non so davvero con quale coscienza e arroganza si possano anche aggiungere dei compiti da fare a casa!
Come ti ho già detto di persona, io metto in discussione insegnanti incapaci di interessare e coinvolgere, così come insegnanti con deliri di onnipotenza che sono convinte di sapere tutto dopo cinque minuti e che non sanno fare di più che caricare di compiti. Le capacità organizzative vanno molto riviste, le loro però, quelle delle maestre e non quelle dei bambini!
Spero che la torta di mele sia stata doverosamente gustata e condita da allegria e risate! Un abbraccione alle tre stupende e anche alla loro meravigliosa mamma!
La torta era buonissima, e le risate anche di più! <3
Immenso tutto <3
<3
Lo vedi qual è il problema? Quelle come te non vanno a fare le maestre… sarebbe tutto presto risolto e sistemato.
L’ho già detto una volta (e pensato un milione): tu sei eccezionale.
E la maestra….incredibile, mi lascia senza parole.
Grazie, di cuore! <3
Bravissima Gloria mi è piaciuta molto la tua lezione…..
Grazie Aurelia!:)
Queste sono decisamente le lezioni migliori, quelle che vengono meglio anche a me… Vero che se ne esce stremati, però la soddisfazione è unica! Un’altra cosa che ci piace fare è prendere i problemi che ci sono nel libro di matematica e provare a metterli in pratica o correggerli in modo che abbiano un senso 😉
Per fortuna per ora con gli insegnanti di Alice ed Elena il rapporto è ottimo e sono sempre disponibili al dialogo… non penso che nella tua situazione avrei mantenuto la calma!
Ne sono convinta anche io, che siano le lezioni migliori! Speriamo di riuscire a trovare il tempo per portarle avanti, più che altro! o comunque di avere la fermezza per imporre il nostro tempo, almeno…
Sono “inciampata” nel tuo blog per caso, ma nulla accade per caso…no?
Mio figlio ora ha 18 anni e ne ho passati almeno 15 a combattere un sistema “scuola” lontano dalla vivacità dei “figli” di oggi.
Il risultato,per certi versi, é stato disastroso sono stati capaci di uccidere la curiosità e l’ interesse che avevo coltivato da sempre in Damiano (così si chiama il mio “cucciolo d’uomo” oggi un metro e ottanntacinque di testardaggine pura!)
Sono riusciti a fargli andare di traverso anche ciò che più ama, disegnare…un giorno alla sua prof. di arte che spiegava per la trecentesima volta il Pantheon ha detto:” mi scusi Prof. ma non sarebbe meglio, visto che viviamo in una città dove i libri di testo si possono toccare con mano,andarle a “toccare” queste lezioni che in classe diventano noiose e insopportabili?”
Immagina cosa ne è potuto venir fuori…”il ragazzo non è curioso é svogliato,fannullone, saccente e anche un tantino arrogante!”
Risultato? Dopo tre anni di lotte a scuola e in casa Damiano ha lasciato il liceo artistico e si è chiuso nel “grigiore” dell’età adolescenziale!
Avrei voluto urlare la mia rabbia al mondo intero contro un sistema ” scuola” che uccide invece che aiutare a germogliare piante delicate in grado di fare “altro” che omologarsi all’incapacità di certi adulti demotivati e incapaci.
Per fortuna come dice mia madre: “ciò che semini prima o poi nasce” nn ho mollato e Damiano ha trovato la sua strada ma senza nascondere che certe “ferite” rimangono lì per sempre prendendo il nome di disistima!
Per questo ti dico “non mollare” perche’ i nostri ragazzi/e dovranno, se vorranno salvarsi dalla triste omologazione, essere gli artefici del cambiamento…dovranno colorarlo questo mondo ,alla faccia di chi lo vuole screziato di grigio e con “noi e il nostro altro” accanto ci riusciranno….ne sono certa!
Un abbraccio
Tiziana66
Tiziana cara, leggo solo oggi il tuo commento, perso tra mille notifiche. Sono certa anche io che con questo altro riusciremo ad essere loro di supporto, e sono anche sicura di non star “rovinando mia figlia” spronandola a guardare le cose in modo diverso e insegnandole altre cose.
A scuola ovviamente non c’è il tempo per insegnare tutto in questo modo, ne sono pienamente consapevole e non credo che debbano essere necessariamente le insegnanti ad insegnare le cose in modo diverso.
Ma c’è un mare di cose che (avendone le competenze o acquisendole) possiamo fare per essere di supporto ai nostri figli nel trovare la via giusta per loro, perché non sempre (non tutti) bastano gli strumenti appresi a scuola per avere tutto chiaro.
Tempo al tempo, speriamo che ci dia ragione!
Questo post è strepitoso…e mi ha anche commossa. Siete una famiglia davvero speciale! Quella maestra è stata di un’arroganza e di una superficialità indicibili e sapere che abbia perseverato nelle sue posizioni mi irrita, sai?!
Certamente tu saprai farti valere, come hai dimostrato da questo post, e di fronte alla tua intelligenza, al tuo buon senso, alla tua capacità di essere una mamma presente e consapevole dovrà prima o poi scusarsi.
Le foto qui sopra sono splendide, proprio come le tue tre ragazzette. Siria mi fa una gran tenerezza…
Ti abbraccio forte, Glò
Grazie Vale, di cuore! <3
Quando ho scritto il post onestamente l'ho scritto sperando che lo leggesse anche la maestra.
Non ha sortito l'effetto sperato, purtroppo...
Un abbraccio!